I many times thought peace had come,
When peace was far away;
As wrecked men deem they sight the land
At centre of the sea,
And struggle slacker, but to prove,
As hopelessly as I,
How many the fictitious shores
Before the harbor lie.
Emily Dickinson (1830–86). Complete Poems. 1924.
Eugène Delacroix: Il naufragio di don Giovanni
Mia traduzione:
Molte volte ho pensato che la pace fosse giunta,
quando la pace era lontana;
come i naufraghi che credono di avvistare la terra
al centro del mare,
e lottano, più fiacchi, soltanto per provare,
disperatamente come me,
quante spiagge immaginarie
s’incontrano prima del porto.
Questa poesia, come ogni poesia, parla in accordo alla sensibilità di chi legge.
A me non parla di pace nel mondo, bensì di quella pace interiore che spesso non c’è.
Di quando ti sembra di poter gridare “terra!” e mettere radici, ma in realtà ti accorgi che è un approdo illusorio e ricominci a nuotare;
di quando ti appoggi al galleggiante di una fede o filosofia, ma dopo un po’ quello si sgonfia e riprendi il cammino verso nuove spiagge o, a mali estremi, boe;
di quando ti mantieni a galla, di quando affondi ma risali con una testarda voglia di vivere e di vincere, di quando bevi e di quando sputi, e di quando ti appoggi a qualcuno e per un po’ ti lasci condurre per riposare.
Personalmente mi dico che non c’è nessun porto cui attraccare e che le mille spiagge immaginarie sono il senso e il bello della vita. ‘Molte volte ho pensato che la pace fosse giunta’ e invece no: ma se questo vorrebbe dire arrivare alla fine della traversata, allora non voglio pace. Voglio ancora mille spiagge da conoscere, goderne o esserne delusa e passare oltre.
E mai ‘disperatamente’, Emily. Gioiosamente.
P.S.: Mentre scrivo mi torna in mente Renato Zero che canta ‘Spiagge’. Mi assicuro di non aver plagiato inconsciamente il testo, rileggendolo. Direi di no. Ma ti saluto con il suo saluto: